Per agire nel mondo in maniera pertinente, occorre "respirare" la complessità nostra e della realtà. Il che significa pensarci e pensare in maniera sistemica, includente, mediata, progettuale.
Solo la sistemicità ci mostra la realtà-che-è. Troppo spesso approcciamo noi stessi e il mondo in modo compartimentato, come se una parte di ciò-che-siamo e di ciò-che-è potesse rappresentare la verità definitiva di noi e della realtà. Ne consegue che, pressoché inevitabilmente, ci "riduciamo" a una presa d'atto superficiale e limitata dei processi storici vitali, restando al-di-qua della storia, irreali.
Certo, la sistemicità ci fa paura, ci costringe a uscire dal conosciuto, a rischiare, a problematizzarci, a percorrere le zone d'ombra che, ci piaccia o no, ci appartengono. D'altro canto, senza un approccio sistemico continueremo, come accade, a essere "solo" individui, a non conoscere (con-naitre, nascere insieme, ri-sorgere nella realtà), a non vivere da persone umane-soggetti storici.
Negarci alla sistemicità significa uscire dalla realtà, rafforzare quel "mondo exit" oggi dominante. Non è facile, sia chiaro, accogliere la complessità; nel terzo millennio del mondo a-polare, però, è progettualmente sempre più necessario.
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