Saturday 17 December 2016

Processi Critici - Libertà da - Libertà con (di Marco Emanuele)

Vogliamo insistentemente liberarci da qualcosa o da qualcuno, normalmente dall’ altro, o di “uscire” da processi storici che ci fanno perdere il contatto con la “nostra” realtà. Pratichiamo una libertà “negativa”,  ricercando un’affermazione in mondi “originari” che ci danno certezza, sicurezza, identità. In tal modo ci leghiamo irresponsabilmente solo  con noi stessi e con “quelli come noi”, scambiando la realtà-che-è con quella che vorremmo che fosse, in qualche modo “rifugiandoci” in una sorta di “galera affettiva”, esasperando ciò-che-siamo fino al punto di renderlo la nostra condanna storica. Diventiamo prigionieri delle nostre presunte autenticità e purezza, illudendoci di poter giocare la partita della storia da “soggetti strategici” e, nei fatti, ritrovandoci sempre più atomizzati e soli.

Non nego che ciascuno di noi abbia bisogno di ri-tornare al proprio mondo “originario”, di ri-trovarsi nelle proprie origini; si tratta di una necessità naturale dell’essere umano, non eludibile. Altresì, però, l’essere umano è creato per guardare oltre, per vivere pienamente, per aprirsi al mondo, per conoscere; e qui sottolineo il conoscere “alla francese”, connaitre, che, scritto con-naitre, significa nascere insieme, ri-nascere, ri-sorgere. L’essere umano, dunque , è creato sia per essere se stesso che per ri-sorgere nella realtà insieme a ogni altro DI sé.  Se neghiamo una di queste dimensioni ci priviamo di una parte fondamentale di noi, esistiamo e non viviamo.

Nella “libertà da”, che sembra dominare, ci radicalizziamo, arrendendoci al “vincolo di necessità 4.0” e sprofondando progressivamente in una  “autoreferenzialità a-progettuale”. È come se non avessimo bisogno di altro, è come se ci bastassimo; nulla può realizzarci al di là di noi e della nostra “cerchia”.

Proviamo a immaginare un mondo nel quale tutti si limitassero a esistere, a essere “liberi da”. Sarebbe un mondo separato in essenza, un mondo nel quale non avrebbero più senso le differenze ma dove “trionferebbero” soltanto le diversità; avremmo a che fare con un mondo nel quale la mediazione non sarebbe più di casa e dove ci “ridurremmo” a più o meno nobili compromessi. 

Questo mondo ipotetico è così distante da quello di oggi ? La mia risposta è, purtroppo, negativa. Non che io avverta una sorta di irrimediabilità, anzi, ma credo che sia importante, soprattutto oggi, ri-tornare alla realtà-di-noi  e alla realtà-che-è.

Ritornerò su questo passaggio. Ora è necessario guardare l’altra faccia della medaglia, la “libertà con”. La “libertà da” e la “libertà con” ci appartengono entrambe, direi che rappresentano il nostro perenne percorso verso la “libertà piena”. Siamo in una situazione in cui esasperiamo la “libertà da” e in cui siamo, consapevolmente o inconsapevolmente, avvolti nella paura della “libertà con”.


Il grande paradosso a cui assistiamo è che, nel mondo interconnesso,  ci blocchiamo al cambiamento, all’oltre che, però, ci percorre. La “libertà con” è la condizione fondamentale per costruire quello spazio pubblico che è l’anima della con-vivenza, il luogo nel quale vivere che – nella mediazione e nella cooperazione – altro non è che vivere-in-comune.  La “libertà con” chiede a ciascuno di noi un supplemento di responsabilità e la capacità di problematizzarci e di relativizzarci; solo così, progressivamente, potremo riuscire a costruire una “prospettiva progettuale” nel mondo-che-è. 

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